Pensieri fluttuanti

Mondi

Creare mondi. Bisogna imparare ed insegnare ai nostri figli a creare mondi nei quali la sopravvivenza delle emozioni, dei sentimenti sia garantita, nei quali i legami che ci uniscono non siano sciolti nell’indifferenza, nella lontananza e neppure nel disamore. Non si tratta di vivere scollati dalla realtà e neppure in uno spazio fantastico, immaginario, men che meno virtuale. Tutt’altro. Riuscire a far scorrere l’uno sull’altro il reale concreto ed il reale percepito nella nostra interiorità è un esercizio affatto semplice. Significa avere dentro di sé filtri a maglie finissime per trattenere sensazioni, istantanee di attimi, significa guardarsi attorno con il microscopio per imparare a leggere i disegni e gli scritti più imperscrutabili, significa non lasciar andare nulla di ciò che ci ha arricchito, nel bene o nel male. Nessuno spazio è così angusto da non avere una superficie tale da permetterci di scendere in profondità e fare la nostra pesca miracolosa, senza subire condizionamenti esterni. Significa essere e sentirsi liberi nell’immensità che abbiamo dentro, in questo spazio infinito dove nulla andrà mai perso. Non so che madre io sia, credo che non lo saprò mai e forse è un bene, ma spero di aver trasmesso ai miei figli l’architettura complessa dell’essere umano, delle sue molteplici costruzioni e possibilità dove, tra cento anni, potranno trovare qualcosa che inaspettatamente li ricondurrà a me facendoci ritrovare ancora e sempre.                                                                                               L’immagine che ho scelto è tratta dal film Room, adattamento cinematografico del romanzo Stanza, letto, armadio, specchio (2010) scritto da Emma Donoghue, ispirato ad una storia realmente accaduta nella cittadina austriaca di Amstetten. Vi consiglio vivamente la lettura del libro, ma soprattutto la visione del film, interessantissima e commovente analisi degli spazi interiori.

Il mondo è come tutti i pianeti della tv, accesi contemporaneamente, quindi non so da che parte guardare e ascoltare. Ci sono porte e poi altre porte, e dietro tutte le porte c’è un altro dentro, e un altro fuori, e le cose succedono, succedono succedendo, e non si fermano mai…” 

 
 

2 commenti

  • Ilaria Francesca Martino

    Ho capito sulla mia pelle che è più facile chiudere le connessioni che ampliarle.
    Più facile, non più vero.
    Che fa meno male anestetizzare la percezione di sé stessi e degli altri.
    Fa meno male sì, ma ti fa morire dentro.
    Lenta agonia.
    Ho imparato da poco che quel mondo di cui parla lei, va difeso con i denti e con le unghie. A me è successo qualcosa di molto potente poco più di due anni fa, quando credo di aver incontrato il mio duende. È successo su una barca, nel delta di un fiume, lontano da “casa”. Avevo appena conosciuto una nuova forma di ospitalità, accoglienza, calore, rispetto delle diversità, familiarità. O semplicemente avevo iniziato ad accogliere me stessa.
    È da allora che guardo il mondo con occhi diversi, guardo le mie figlie con occhi diversi, i miei amori, le mie passioni, le mie debolezze, i miei preziosi inciampi. Il duende non mi fa più scendere a compromessi con me stessa e mi regala gioie e lacrime di cui prima ignoravo la potenza.
    Condivido le sue parole “non si tratta di vivere scollati dalla realtà e neppure in uno spazio fantastico, immaginario, men che meno virtuale. Tutt’altro”.
    E ancora: “nessuno spazio è così angusto da non avere una superficie tale da permetterci di scendere in profondità e fare la nostra pesca miracolosa, senza subire condizionamenti esterni. Significa essere e sentirsi liberi nell’immensità che abbiamo dentro, in questo spazio infinito dove nulla andrà mai perso”.
    Sa cosa penso? Che bisogna incontrare i propri demoni per capire la portata di tutto ciò…e poi sperare di reincontrarli…
    E quelle maglie finissime di cui parla, quella macro percezione del microscopio dell’anima che faticosa meraviglia!
    Per il resto…
    I fiori regalano il loro polline al vento perché faccia fiorire i poli.

    La ringrazio per i suoi scritti, questo mi colpisce ancora e mi risuona mentre mi accingo, per i casi della vita, ad un cambio di casa, un trasloco e la necessità di una “ricostruzione degli spazi esteriori ed interiori”.
    Cercherò la mia nuova stanza, il mio nuovo letto, il mio nuovo armadio e soprattutto uno specchio e penserò ” che dietro le porte c’è un altro dentro, e un altro fuori, e le cose succedono, succedono succedendo, e non si fermano mai…” e soprattutto, guarderò il film!

    • Barbara Colombotto Rosso

      Duende, un’altra parola a mio giudizio intraducibile, al pari di saudade. Quel qualcosa con cui si nasce, d’inafferrabile, che arriva con una potenza tale da generare imprescindibili cambiamenti, scatenando gioia e lacrime, “facendoti incontrare i tuoi demoni nella speranza di poterli reincontrare ancora”, come è successo a lei, cara Ilaria, su quella barca, lontano da casa. E la cosa stupefacente è che non lo si può cercare, arriva da sé, semplicemente si compie, come un miracolo. Ben vengano questi terremoti emotivi, generano nuova linfa per quel continuo divenire che è il nostro essere umani. Auguri per il trasloco e la costruzione di nuove stanze e mi raccomando… ne tenga una sempre e soltanto tutta per sé!

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